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      Da Lampedusa a Genova: la Storia davanti ai nostri occhi

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      L'immagine di una locandina dello spettacolo

      Lo spettacolo di Davide Enia è un articolo di cronaca. Sembra un reportage e, se le testimonianze fossero riprese da una cinepresa invece di essere scritte su un copione teatrale, sarebbe sicuramente stato trasmesso in televisione.

      Belvedere: un panorama tranquillo

      Il Porto di Genova dalla collina di Belvedere

      L’Abisso di Davide Enia ha debuttato a Genova, alla Sala Modena del Teatro Nazionale, il 5 dicembre dell’anno scorso. Era inverno, ma c’era il sole, e quasi 15 gradi.
      Poco prima dell’inizio, mi trovavo sulla collina di Belvedere, dalla quale si vede il mare. Ma è quello calmo, ferroso e stagnante del Porto di Genova.
      È un mare diverso da quello che guarda Davide Enia a Lampedusa, con suo padre. Davanti a loro, “a guadagnare la terra tantissimi, ragazzini e bambine per lo più. Stravolti, stanchissimi, confusi, erano 523 persone sottratte alla morte in mare aperto”. Davanti a me, almeno all’apparenza, non succedeva niente: il panorama era immobile. Eppure avrei potuto dire le stesse parole che lui pensò la notte dello sbarco, là a Lampedusa: “Era la Storia ciò che stava accadendo davanti ai nostri occhi”.

      Dal mare, a piedi, per risalire la Penisola

      • Alcuni migranti vengono fermati dalla polizia sul treno che attraversa il confine del Brennero

      Sapevo che Enia, nel suo monologo, aveva raccolto le testimonianze delle persone che avevano assistito ai primi sbarchi a Lampedusa, e dei pescatori che avevano raccolto i corpi, rimasti impigliati nelle reti, dopo le mareggiate. Dal promontorio di Belvedere, una collina che sovrasta la città e dalla quale si gode quindi di un’ottima vista, ho iniziato a pensare a quanti, non da quel mare davanti a me, ma in treno, in bus, o a piedi, erano arrivati fino alla città, e a tutta la regione, sotto ai miei piedi. Era “la Storia, che si studia nei libri e che riempie le pellicole di film e documentari. La Storia che anima i dibattiti e determina il corso degli eventi”, quella che vedevamo davanti ai nostri occhi, entrambi.

      Da Lampedusa a Ventimiglia

      Uno sbarco a Lampedusa

      “Io non sono di sinistra, anzi, tutt’altro, proprio l’opposto”, dice il sommozzatore del nord Italia (uno dei personaggi a cui Enia dà voce), grande come una montagna, e aggiunge: “In mare ogni vita è sacra. Se qualcuno ha bisogno di aiuto, noi lo salviamo. Non ci sono colori, etnie, religioni. È la legge del mare”. E a me sembra di ricordare Delia, la barista di Ventimiglia, il cui bar è andato in fallimento dopo aver subito numerosi controlli sanitari, ripetuti senza giustificazione alcuna. Ricordo che faceva mettere in carica il cellulare ai numerosi migranti che, in quell’estate del 2016, cercavano ancora, invano, di raggiungere la Francia, sperando si ripetesse il fortunato fenomeno avvenuto all’accampamento dei Balzi Rossi dell’anno prima.

      Dalla spiaggia alle montagne

      • Migranti attraversano a piedi le Alpi, per arrivare in Francia dalle Valle di Susa

      Enia dà voce anche agli abitanti di Lampedusa, fra i quali spicca una donna che, sentendo le grida dei naufraghi di un’imbarcazione travolta dalle onde in una notte di tempesta, scende in spiaggia per intervenire. Lei quella notte tira fuori dal mare parecchi bambini. E io mi ricordo la storia di quell’insegnante di Bardonecchia che ha ospitato per un anno un giovane senegalese, rimasto gravemente ferito dopo aver provato ad attraversare il confine con la Francia a piedi. Lui aveva camminato in pieno inverno tra la neve dell’alta Val di Susa con le scarpe da ginnastica.

      Appunti di un trauma

      • Davide Enia in una scena dello spettacolo

      Prima di vedere il suo spettacolo, mi sono resa conto di quanto avessi visto accadere davanti ai miei occhi, negli ultimi quattro anni, la vera e propria Storia. Dal Sud degli sbarchi, alle carovane in treno lungo la Penisola, fino alle frontiere chiuse al Nord, con la Francia e con l’Austria: attraversando questi luoghi, migliaia di profughi hanno scritto una pagina di Storia. Enia sostiene di aver messo in scena gli appunti che ha preso parlando con i testimoni dei naufragi. In questo modo, ha cercato di frammentare lo shock, il trauma che un evento della portata di uno sbarco o dei tentativi di raggiungere e attraversare le frontiere chiuse può avere sugli esseri umani. Ora che questo evento così doloroso è accaduto ed è stato assorbito da me e da tanti altri, è arrivato il momento di affrontarlo, applicando il principio secondo cui “C’è una legge di mare: salvare chi ha bisogno d’aiuto; e una legge di terra: seppellire i morti”, come dice Enia. E voglio ricordare insieme a lui le persone che lo hanno rispettato.

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      redazione
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