Di chi? La mia? No non è la mia, è sicuramente una famiglia inventata, almeno penso. Non credo che sarà simile alla mia. Italiana? Spagnola?
Chi sono io? Posso dirvi che sono una ragazza molto curiosa, curiosa della vita. Amo il corpo in movimento e quello che è in traformazione. A volte mi dimentico delle mie priorità e mi concentro su gli altri, ma poi in qualche modo rientro in me stessa.
Grazie al progetto “GAIS” che faccio con il teatro Nazionale di Genova, ho avuto l’opportunità di assistere alle prove di Estate in Dicembre. È stato un modo molto interessante per avvicinarmi allo spettacolo e scoprirlo da vicino. Ed era la prima volta che assistevo a delle prove come gais.
È mercoledì 29 Maggio, sono le due del pomeriggio e con Eva, una mia compagna nei GAIS, ci vediamo davanti alla Sala mercato per assistere alle prove. L’atmosfera che si respira è molto positiva, le attrici ci accolgono,ci salutano e ci spiegano che avevano appena incominciato a fare memoria del copione.
“Fare memoria” vuol dire ripeterlo senza intonazioni, senza pause, senza spostamenti e movimenti corporei, una battuta dopo l’altra con un ritmo abbastanza serrato. Bum bum bum bum bum bum una battuta dopo l’altra senza fermarsi. Per fare questo bisogna già aver studiato molto bene il copione. E non solo le proprie battute, anche quelle degli altri. Perlomeno quelle precedenti e quelle successive alla tua battuta.
Dunque assistiamo a questo susseguirsi di colpi di battuta e io che prontamente mi ero portata dietro il copione stampato per cercare di seguire bene non riesco a beccare mezza riga. Sono lì con gli occhi strabuzzati che un po’ cerco di seguire il loro allenamento e un po’ cerco di trovare il segno nel copione… E cazzo continuo a non trovarlo. Vabbè lascio il copione per terra e mi concentro su di loro e sul palco. C’è una bella sintonia tra le attrici, ludica e complice. Nelle piccole pause non riesco a capire quando interpretano il personaggio e quando sono se stesse: sembrano volersi bene e prendersi in giro nel backstage tanto quanto sul palco. C’è un sacco di energia femminile che si interseca. D’altronde, tutte le interpreti sono donne.
Ad un certo punto da una porticina di lato entra una figura maschile: alè un uomo! Capisco poi che è il regista che,dopo qualche saluto, lascia continuare le attrici nella loro esercitazione di memoria.
Verso la fine del processo mnemonico riesco finalmente a trovare il punto anche nel copione ma ormai lo spettacolo è quasi finito.
Una breve pausa pipì/sigaretta e frutta secca le attrici si preparano per fare una prova, la fanno con dei vestiti che forse saranno proprio quelli con cui poi andranno in scena: sono ancora indecisi su quale tipo di stivale debba indossare Alice Giroldini, ma il resto sembra deciso. . Ci invitano a sederci più centrali per poter vedere meglio la prova.
Di cosa parla la storia? Lo dicevo all’inizio: una famiglia. Nonna Martina, Teresa, Carmen, Alicia, Paloma, Mamma Noelia sono le protagoniste di questa storia. Ognuna con le sue caratteristiche e peculiarità, ognuna con il proprio carattere. Mi attirano un sacco i loro movimenti sul palco e i loro vestiti: ogni vestito è pensato per ciascun personaggio, sono attirata dalla forma e dai colori.
Inizia la prova ufficialmente: non mi faccio trovare impreparata, prendo il copione e seguo battuta per battuta. Ad un certo punto però mi rendo conto che non ha senso avere lo sguardo sul foglio se davanti a me c’è lo spettacolo nel suo farsi. Così appoggio il copione a terra e mi immergo completamente nello spettacolo. Sono trascinata dalla storia, seguo i loro sguardi, i loro gesti. Ad un certo punto vedo che un’attrice fissa la platea e il suo sguardo si incrocia con il mio. Dice le battute mentre mi guarda dritta negli occhi e io perdo il contatto con la realtà, mi emoziona, mi commuove. Non so bene cosa mi sia successo ma qualcosa mi arriva.
Mi ricompongo e continuo a seguire con sempre più coinvolgimento la storia. A un certo punto in quei personaggi vedo mia Zia Laura, vedo mia mamma, vedo mia cugina… vedo la mia famiglia, vedo molto di più di quello che mi aspettassi. Quella storia e quelle vite cominciano a ricordarmi pezzi di me e della mia storia, e i ricordi così si mischiano al susseguirsi di azioni e avvenimenti sul palco che sono così vivi, così reali, così tangibili.
Finiscono le prove e io sono con i fiato sospeso, attendo un attimo e poi anche se sono l’unica mi viene da applaudire: non ne potevo fare a meno.
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