L’Arbitro di Dio, dell’irlandese Robert Farquhar (versione italiana di Carlo Sciaccaluga) non è una storia che parla solo di calcio, anche se comincia con una partita andata male. Per Degsy e Cliff è un brutto colpo vedere la propria squadra del cuore che viene retrocessa. La causa è un gol subito che, come loro stessi dicono “Non era gol!”. L’unica soluzione è che la partita sia giocata di nuovo… ma come?
“Quel gol non era gol!”
“Quel gol non era gol!” è la frase che i due amici, Degsy e Cliff, ripetono come una preghiera durante tutto lo spettacolo. È un grido contro l’ingiustizia. È un lamento per esprimere la frustrazione, ma non solo quella calcistica. In queste parole è racchiuso tutto il risentimento per una vita non sempre facile, per un lavoro mediocre, per la mancanza di riconoscimenti sociali, per una storia d’amore andata male… La partita della vita, purtroppo, non si può rigiocare, ma quella di calcio sì.
to, su una sedia, in casa di Dagsy. Chi avrà la meglio, l’arbitro testardo o i due amici innamorati della propria squadra del cuore?
toria che si svolge fra fughe grottesche, nascondigli improvvisati, scene isteriche al limite del ridicolo, “L’Arbitro di Dio” racconta molto di più della lotta per salvare dalla retrocessione la propria squadra del cuore. Narra l’estremo tentativo di due individui deboli, sconfitti nelle relazioni personali come in campo lavorativo, di riscattarsi. Ma alla fine l’autore mostra il cartellino rosso a tutti i sognatori, che si rassegnano ad accettare che ciò che poteva essere non solo non è stato, ma non sarà mai.