Cosa ha significato per il mondo della cultura e per il mondo dello spettacolo l’emergenza sanitaria del Corona Virus? E cosa significa per quei mondi la crisi economica che ne seguirà? In questi mondi senza tutele, il Governo ha fatto abbastanza?
Il Coronavirus ha lasciato a casa migliaia di lavoratori in Italia, ha fermato le fabbriche, ha fermato le scuole ed intere città. Ovviamente ha fermato anche il mondo dell’intrattenimento.
Sono stati centinaia gli artisti italiani che si sono fatti portavoce di un malcontento dei lavoratori del mondo dello spettacolo: ci hanno messo i nomi e i volti, per quelli i cui nomi e i cui volti noi spettatori non conosciamo.
Dietro ai grandi attori che salgono sul palco ci sono intere famiglie di lavoratori che permettono che quel palco ci sia, che quell’attore abbia la luce giusta o che abbia il microfono funzionante.
C’è poi quella categoria composta dai piccoli talenti che non può permettersi di rimanere per così tanto tempo ferma, senza ricevere un sostentamento e senza mostrarsi al pubblico, finendo inevitabilmente per sparire, mangiati, come sempre, da chi anche da solo può farcela.
Quando abbiamo iniziato a considerare la cultura secondaria?
Il problema legato al mondo della cultura, e quindi anche del teatro, ha radici antiche nel nostro Paese: un mondo fatto di pochi finanziamenti, progetti mai partiti e ricchezze autoctone mai valorizzate sufficientemente.
Si sono succeduti in questi mesi gli appelli degli attori e delle attrici, e di tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo, tra raccolte firme, appelli, video o foto perché il Governo prendesse seriamente in considerazione la loro situazione, con aiuti concreti, e certi. Serve mettere oggi delle prime basi, su cui poi lavorare anche in futuro, per far sì che quel mondo così prezioso non possa mai più essere messo in secondo piano.
Ad oggi, qualche azione concreta in più è stata messa in campo per coloro che lo stesso Presidente de Consiglio ha definito “loro che ci fanno divertire”. È in quelle parole, dette senza cattiveria, ma con troppa leggerezza, che sta il secolare problema della cultura nel nostro paese.
La cultura serve a fare ridere, ma anche a far pensare, a far crescere, a fare imparare. Può essere un passatempo o un hobby, può essere usata per passare qualche ora la sera in un teatro o per sfogarsi di una giornata difficile. Ma non può essere considerata di secondaria importanza.
Anche noi GAIS ci uniamo agli appelli di tutti i lavoratori dello spettacolo, perché questo non possa più succedere, perché si torni al più presto, e in sicurezza, a godere a pieno della bellezza del Teatro. Perché non vengano assunte decisioni o soluzioni a metà e che nulla hanno a vedere con la realtà e la vividità dello spettacolo dal vivo. Serve un nuovo Rinascimento, perché in un paese come il nostro la cultura prenda finalmente il posto che merita.
Bianca Branchetti